Bruno Lanza: “Viviamo un periodo di grande disorientamento. Vale anche per la musica”

di Claudio Donato

Bruno Lanza è autore di tanti bellissimi testi. La sua penna ha dato vita a brani per molti artisti, non solo partenopei. Tra i tanti ricordiamo Peppino Di Capri, Gigi Finizio, Valentina Stella, Nino D’ Angelo, Massimo Ranieri, Andrea Bocelli. Con Bruno, mi sono sentito subito a mio agio. Quindi, ci siamo concessi una di quelle rare interviste, senza veli, schiette e libere da ogni preconcetto. Bruno perdonerà questa mia “presunzione”, ma oserei definirla una chiacchierata tra amici, con la promessa di sorseggiare insieme un bel caffè partenopeo.

Bruno, per te, cosa rappresenta la scrittura?

La scrittura, almeno per me, è una necessità, un fortissimo bisogno di mettere su carta le sensazioni, l’amore e le varie vicissitudini della vita. E’ anche un modo per comunicare con gli altri”.

Ti senti più un autore o un paroliere?Spesso, in maniera anche errata, sono due termini che vengono usati senza la giusta considerazione.

Sono d’accordo, anche se lessicalmente sono simili. Moralmente la differenza esiste. Il paroliere è un abile manovratore di termini. Sa usare nel modo giusto le parole in relazione ad una canzone. Questo è il mio concetto di paroliere. L’autore, invece, parte dal concetto, dall’osservazione della vita. E’ una persona che ha qualcosa da dire sugli eventi dell’umanità. L’autore ha una necessità che è diversa dal paroliere. In sintesi, per me, l’autore è colui che ‘legge’ la vita e riesce a trasmetterla agli altri”.

Forse ti chiedo uno sforzo importante: quante canzoni hai scritto nella tua oltre quarantennale carriera?

E’ facile. Ne avrò scritte migliaia ma le opere realizzate, da quello che si evince dai dati Siae, sono circa 800″.

Indissolubilmente, quando si parla di Bruno Lanza, c’è un brano che bisogna obbligatoriamente citare: sto partendo di Mentecuore, che ha fatto la fortuna di alcuni artisti come Valentina Stella e lo stesso D’ Angelo. Vogliamo un po’ raccontare la storia di questa canzone?

E’ una delle poche canzoni che sopravviverà anche dopo la mia esistenza. Mentecuore è stata incisa da 140 cantanti, se consideriamo anche quelli poco conosciuti. E’ una canzone che nasce come un documento privato. Non era prevista, almeno inizialmente, la sua pubblicazione. Si tratta della storia di un amico che era stato lasciato dalla sua ragazza. Era disperato e nel tentativo di riconquistarla mi chiese di scrivere una canzone per lei. Purtroppo, oltre a un grande pianto, la ragazza decise di non ritornare con lui. Nino D’Angelo conosceva questo amico e, circa due mesi dopo, lo incontrò e gli chiese della storia con questa donna.Quando Nino venne a sapere che la storia era andata male, nonostante questa lettera, Mentecuore, che avevo scritto nella speranza che il nostro amico potesse riunirsi con la ragazza, volle ascoltare la canzone e decise di inciderla a tutti i costi”.

La formazione è importante in ogni lavoro. Spesso si parla di talenti, ma bisogna fare attenzione. Oggi ci sono i cosiddetti talent. Fino a che punto possono aiutare un ragazzo, oltre a dargli un po’ di visibilità? Io sono uno di quelli che continua a dire che la gavetta è qualcosa che tutti dovrebbero fare.

I talent servono soltanto per gli ascolti ma non danno nessuna utilità ai ragazzi. Sono dei contenitori, frullatori. Dico soltanto una cosa: su tantissimi ragazzi che hanno partecipato a questi talent, quanti ne sono usciti fuori? Ai ragazzi consiglio di studiare e sperare di trovare la giusta strada da percorrere. Ti faccio un esempio: in 50 anni di carriera ho ricevuto tantissimi premi. Un giorno li ho selezionati tutti. Sai quanti ne ho buttati? Quindici. Ho conservato soltanto il premio “Mia Martini”. E’ l’unico che conta e custodisco gelosamente. Ti ho detto questo perchè la persona che riceve un premio dovrebbe essere premiata da qualcuno che è superiore a chi viene premiato. Non so se ho reso l’idea. In quel caso si andrebbe fieri di quel premio. Molti non vogliono capirlo e quindi ricevono premi in ogni situazione, indipendentemente da chi consegna il premio”.

In che direzione è andata la musica, considerando anche i tanti mutamenti del mondo discografico?

Stiamo vivendo un brutto periodo. Siamo in una fase di passaggio. E’ un momento di grande trasformazione e quando si attraversa un periodo del genere ci sono, inevitabilmente, delle fasce buie. L’umanità sta vivendo un momento di disorientamento, anche musicale”.

A bruciapelo: quanta ipocrisia c’è tra gli artisti?

Hai un’altra domanda? (ride ndr). Claudio, in tutti i settori ci sono, per fortuna, anche persone perbene. Nella musica, ma in ogni lavoro, molti comportamenti sono scorretti. L’intelligenza, diciamo così, viene sfruttata poco e male. Alcuni sanno soltanto cantare, ma la visione globale del proprio lavoro sono in pochi ad averla. Ti porto un esempio: alcuni artisti americani, compreso Charlie Chaplin, avevano delle grosse difficoltà nel distribuire il proprio contenuto. Succedeva, in pratica, che a decretare il successo di un film fosse la casa di distribuzione. Charlie Chaplin si riunì con alcuni artisti e insieme fondarono una delle più grandi società cinematografiche del mondo, che diventerà la “United Artist”. Se i cantanti e gli artisti si unissero tra loro, invece di farsi la guerra, potrebbero creare qualcosa di veramente importante. Tra gli artisti dovrebbe esserci solidarietà e aiuto reciproco. Questo non succede ed ecco che assistiamo a certe bassezze. La verità è scomoda ma a dirla sono in pochi”.

Per un artista il pubblico è sacro, ma spesso, non è sempre così reale questa disponibilità nei confronti dei propri fan. Ti chiedo, fino a che punto c’ entra l’ artista e dove entra in gioco la gestione e il ruolo di chi ruota attorno a lui. Pino Daniele, ad esempio, aveva tutt’ altro che un bel rapporto con i manager?

Mi hai fatto una domanda che meriterebbe giorni di lunghi discorsi. Una volta scrissi in una canzone: “Se gli artisti fossero intelligenti non avrebbero un impresario”. Non dico che gli impresari non servano. Un artista dovrebbe crearsi un’ organizzazione personale, affidandosi a persone di fiducia, in grado di trattare direttamente una determinata situazione. L’artista dovrebbe essere manager di se stesso, ma questo non accade mai. Il termine impresario, nello specifico, indica una persona che fa impresa e rischia capitali propri. Oggi sono tutti impresari. I grandi impresari sono persone come Lucio Presta, Dino Vitola. Giusto per farti qualche nome. L’impresario è colui che rischia per proteggere l’artista. Se una data di un concerto non viene pagata è l’impresario che paga l’artista. Fare impresa ha un significato diverso da quello che molti intendono oggi. Per quanto riguarda la tua domanda, sul fatto di isolare l’artista, apprezzo molto Franco Ricciardi, che anche dopo un concerto si ferma per ore con i suoi fan. Di Franco ho una stima infinita, così come di Andrea Sannino e pochi altri. Molti scappano via per non avere rotture di scatole”.

Tra i tanti tuoi brani c’è una splendida poesia, come la definisce anche Gigi Finizio, che è venuta fuori dalla tua penna: Il cuore nel caffè. Mi dici com’ è nato questo brano?

E’ la canzone che ha dato inizio alla collaborazione con Finizio. Quando incontrai Finizio, ti premetto che prima di quella volta non avevamo mai collaborato, mi chiese se potessi scrivere un brano per lui. Con molto piacere lo accontentai. Gigi, dal punto di vista vocale è il numero uno e non si discute. Il cuore nel caffè è la storia di un amico che aveva perso il suo amore. Questa canzone è stata un po’ la svolta di Gigi per quanto concerne il passaggio tra il classico, neo-melodico e l’italiano. Poi ci sono stati altri brani come Maledetta voglia di te, E c’è una cosa che non sai, Amore amaro, Senza noi e molte altre canzoni”.

Hai mai avuto il giusto grazie da una parte o da tutti coloro per i quali hai scritto?

Ti devo essere sincero: no! Anzi, non ti nascondo che sono rimasto un po’ deluso quando una giornalista chiese a Finizio come si potesse scrivere una frase così geniale come “Amore che potrà fermare solo Dio”. Stiamo parlando di Amore amaro. In quel caso, Finizio non citò il mio nome. Da autore è una cosa che mi ha fatto molto male”.

Io ti ringrazio per questa bella chiacchierata, vera, senza filtri. E’ stato molto bello.

In ogni caso sono io che ti faccio un complimento. E’ stato un piacere essere stato intervistato da te, soprattutto per il contenuto delle tue domande, mai banale. Grazie a te”.


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