Il M° Gianluca Podio su Musicando Live: “Morricone e Pino Daniele erano due geni. Nessuno come Renato Zero”

di Claudio Donato

E’ certamente un grande onore avere su Musicando Live il maestro Gianluca Podio, compositore, arrangiatore e direttore di orchestra. Docente e responsabile del Dipartimento di Popular music al conservatorio “N. Sala” di Benevento, il maestro ha avuto riconoscimenti e collaborazioni con i più grandi della musica: tra i tanti ci sono Ennio Morricone, Pino Daniele, Renato Zero, sui quali ci siamo soffermati nella nostra lunga ma piacevole conversazione. Al maestro Podio sono legate anche importanti collaborazioni Rai e Mediaset. Ecco quanto emerso dal nostro incontro.

Maestro, facciamo conoscere ai nostri lettori come comincia il suo amore per la musica?

In realtà è molto semplice. Essendo figlio d’arte, non ho mai avuto dubbi su quello che avrei fatto da adulto. Mio padre è un grande batterista jazz ed ha lavorato come professore titolare nell’orchestra di musica leggera della Rai. In casa, quindi, ho iniziato ad ascoltare musica jazz all’età di 3 anni. L’incontro con la musica classica, invece, è arrivato più tardi; grazie all’ascolto di alcuni dischi che mi prestava una vicina di casa, anche lei grande ammiratrice di questo genere. Il mio primo incontro con la musica di Mozart e Schumann fu una grandissima emozione che ancora ricordo. Era un genere musicale che a casa  non si  ascoltava, ma mi colpì così tanto che decisi di iscrivermi al Conservatorio di S.Cecilia di Roma“.

Al Palazzo Quirinale, qualche settimana fa, c’è stata la “Giornata del ricordo”, ripresa dalla Rai. Lei ha proposto due “Suite” dedicate a Sergio Endrigo e Gino Paoli. Un grande successo, ma vorrei un suo parere su questi due grandi autori della nostra musica.

Oltre alle due “Suite”, tutte le altre musiche sono di mia composizione. Ci sono Preludi e Interludi a cui tengo particolarmente perché mi hanno dato molte soddisfazioni. Paoli e Sergio Endrigo sono due giganti della canzone italiana. Si tratta di due artisti molto poetici nella loro estetica, con una particolare vena malinconica che si fonde con il linguaggio poetico. Nei testi, sia Gino Paoli che Sergio Endrigo affrontano degli argomenti esistenzialisti che conducono l’ascoltatore a profonde emozioni. Ci sono delle melodie che a me piacciono particolarmente: tra queste ti posso citare Una lunga storia d’amore, un vero capolavoro, una perla, anche dal punto di vista armonico. Come dicevo, anche Endrigo ha questa vena squisitamente melodica seppure malinconica, legata al doloroso distacco da Pola, la sua amata città. Nelle sue melodie si avverte questa dolcezza quasi nostalgica, che lo rende unico nel suo genere. Due artisti diversi ma in un certo senso comuni tra loro”.

Avere una buona formazione musicale e teorica è importante. Quanto conta per un direttore di orchestra essere estremamente preparati sulla storia musicale e conoscere le capacità di ogni singolo strumento?

Diciamo che dietro lo studio della direzione di orchestra c’è sempre una grande conoscenza della sua fenomenologia. Si studiano i limiti e le possibilità di ogni strumento, sia attraverso i testi di orchestrazione e strumentazione che attraverso l’esperienza relazionale con il professore d’orchestra. Personalmente, dal 1987 al 1997, ho avuto la fortuna di lavorare 10 anni con Ennio Morricone come tastierista e pianista jazz. Ho vissuto le mie esperienze come solista al pianoforte ed ai sintetizzatori, all’interno dell’orchestra sinfonica durante la registrazione delle sue colonne sonore. Sono stati dei lavori delicati e di grande responsabilità in cui ho imparato a rispettare tutti i miei colleghi dell’orchestra”.

Il direttore di orchestra deve anche fungere da bravo psicologo. E’ d’accordo?

“Sono d’accordo”.

Mi farebbe piacere avere una sua considerazione su quello che definisco sguardo spirituale – comunicativo tra orchestrali e direttore di orchestra.

Lo sguardo è importantissimo. Concordo con questa tua affermazione. La prima cosa che mi viene in mente è una frase di Richard Strauss, il quale affermava che bisognava avere la partitura nella testa e non la testa nella partitura. Lo sguardo deve andare agli occhi degli strumentisti. Deve nascere un feeling che deve essere supportato da un’attenta conoscenza della partitura. Dirigere l’orchestra non vuol dire soltanto scandire il tempo. E’ molto importante il lavoro che viene fatto prima dell’esecuzione finale, ciò che si fa durante le prove: la cosiddetta concertazione. Oltre alla gestualità dobbiamo l’importanza degli occhi come linguaggio visivo. Gli strumenti principali sono due: gli occhi e le mani”.

Quali sono state le qualità più grandi di Ennio Morricone che ha potuto apprezzare?

Di Morricone apprezzo la genialità. Lavorando con lui mi sono trovato di fronte ad una persona con delle capacità musicali eccezionali. Era in grado di scrivere cose bellissime e al tempo stesso molto complesse. Ricordo un episodio in sala di incisione, durante un turno di registrazione di un film, in cui ha creato una musica originale su una richiesta del regista fattagli in quel momento. E’ stato qualcosa di straordinario. Il brano in questione era contenuto in un film americano. Come sempre, anche la partitura di quel brano fu scritto da Ennio a penna senza l’aiuto del pianoforte.

Indubbiamente aveva una mente raffinata ed una predisposizione interna, accompagnata da una grande preparazione musicale. Essendo anche un bravissimo giocatore di scacchi possiamo riconoscere alla base delle sue tecniche compositive l’uso di molti elementi combinatori uniti ad una grande coesione. Riusciva a costruire tutto con una coerenza formale straordinaria. Quello che ho imparato da lui è stato il rigore e la serietà nella professione.

Iniziai a lavorare con lui all’età di 24 anni. Grazie alle esperienze vissute insieme a lui ho imparato ad elaborare i temi in un film, ad orchestrare nello stile più appropriato e molte altre cose professionali. Con il tempo si è creata una grande amicizia che ho sempre vissuto con rispetto ed ammirazione. Sono grato a lui anche per i molti consigli che mi ha dato sulle mie composizioni e i miei lavori di musica applicata all’immagine.”

Per tanti anni ha collaborato con Pino Daniele. Con quale meticolosità, Pino affrontava la musica?

Era diverso da Morricone, ma parliamo di un genio musicale anche in questo caso. Pino aveva una libertà musicale che si univa con un gusto straordinario per le armonie e la melodia. Era dotato di un talento innovativo e personale. Bravissimo anche nella produzione di dischi, era musicalmente molto colto: aveva una grande cultura rock, pop e jazz. Amava molto la musica classica ed in particolare Gesualdo Da Venosa. Anche con lui si è instaurato un rapporto di amicizia ed ho avuto modo di apprezzare la sua sensibilità e generosità. Un giorno mi regalò una matita molto preziosa per scrivere gli arrangiamenti dei suoi brani che conservo con molta cura. Con Pino iniziai a lavorare nel ’97 come arrangiatore e orchestratore. Poi mi chiese di andare in tour con lui in qualità di pianista. Accettai e cominciammo a lavorare e studiare insieme per trovare la combinazione armonica ideale tra chitarra e pianoforte . A settembre del 2006 ci fu il primo concerto all’Auditorium Rai di Napoli in cui suonai nella band come pianista.

Spesso suonai anche in duo con Pino, in concerti alternativamente a quelli con tutto il gruppo. Suonare in duo con Pino è stata un’emozione unica poi, per vari miei impegni, gli chiesi di ritornare al mio ruolo di arrangiatore e direttore di orchestra. Realizzammo molti concerti con l’orchestra sinfonica da me diretta tra cui Nero a metà in versione sinfonica nel 2014. Fu un periodo di grandi soddisfazioni e di grandi successi in cui uscirono anche molte canzoni scritte in qualità di coautore con Renato Zero”.

Ci sono dei nuovi Renato Zero in giro?

Per Renato ho scritto diverse canzoni di successo, fra queste Cercami. E’ un uomo di spettacolo incredibile, dotato di una personalità unica. Ha una voce molto bella ed una tecnica vocale ottima. E’ un artista completo, che scrive dei testi stupendi e molto profondi. Ha anche una grande facilità vocale. In sala d’incisione, dopo aver registrato la sua voce, riusciva ad armonizzare i cori facendo lui tutte le voci e questo vuol dire avere un talento innato, completo.

Anche se oggi ci sono autori bravi, considero Renato  un grande talento dalla storia artistica importante. Devo a Renato anche delle importanti occasioni di lavoro. Durante i nostri primi lavori c’era un produttore molto famoso, che cercava un nuovo maestro per un importante trasmissione televisiva in RAI perché doveva realizzare una trasmissione. Renato gli parlò bene di me e io lavorai per cinque anni in televisione nella trasmissione “Per tutta la vita” e anche in altri programmi di successo in qualità di Direttore musicale. Ancora oggi siamo in ottimi rapporti. Nel suo ultimo lavoro c’è un nostro brano che si intitola “Nemico caro”. Mi ricordo le  nostre giornate di lavoro anche molto divertenti, caratterizzate da un senso  dell’umorismo di cui Renato è dotato, che è secondo me un aspetto importante perché alleggeriva il nostro carico di lavoro”.

C’è spesso una diversità di vedute nel paragonare la musica e i testi degli anni ‘80 a quelli di oggi. Per molti il paragone non regge, ma per è altri, invece, quello che  oggi si ascolta è figlio della società in cui viviamo. Qual è il suo parare?

“Io sono del parere che l’arte sia l’espressione della società che viviamo. E’ vero anche che possiamo avere  un recupero, una riscrittura degli anni ‘80, attraverso la sensibilità odierna. Il brano di Sanremo 2022 scritto da Jovanotti per Morandi, ad esempio, ha elementi costituiti da schemi ben riletti e adeguati alla nostra attualità. Io analizzo molto le canzoni ed  ai miei allievi faccio ascoltare il repertorio degli anni ’60-‘70 perché ci sono elementi formativi che bisogna conoscere. Battisti e Mogol sono un punto fermo della nostra storia musicale. E’ giusto che i ragazzi scrivano e tengano conto dello stile odierno, ma devono sapere tutto ciò che  c’è stato prima nella storia della popular music italiana e internazionale”.

Come individua un talento musicale?

“Il talento si rivela subito. Ci troviamo di fronte una persona che ha una sua sicurezza e originalità e musicalmente te ne accorgi perché usa degli accordi e delle soluzioni personali. Ti può stupire con dei testi originali. Secondo me l’allievo va sostenuto ed aiutato a crescere professionalmente  ma rispettandone la sua natura, facendo sì che emerga il suo personale contenuto artistico, ma senza modificarlo”.

L’improvvisazione, cos’è per lei?

L’improvvisazione può avere vari  tipi di approcci: può essere fluida, rapsodica, come accade nel jazz, ma anche tematica,come come accade nel songwriting .L’improvvisazione che si utilizza per comporre una canzone è costruita su brevi frammenti memorizzabili, che l’autore cerca e che si inseriscono nei giri armonici di una struttura.  Ci sono  due tipi di improvvisazione: una conduce ad una gioiosa creatività estemporanea, l’altra è quella che va alla ricerca di un cellula musicale che ti colpisca per costruire una canzone di successo”.

Citando Hegel, il filosofo che ha indagato sulla logica del cambiamento,  crede che nel cambiamento più radicale si possa trovare qualcosa che permane?

Certo, ma le rispondo con una frase di Goethe, che diceva: “Non si arriva mai tanto lontano come quando non si sa più dove si va”.


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